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S’ode a destra ecc. ecc. ecc. (Torino, Firenze, “largo ai giovani” e “quello che spreca i soldi alle slot machine”)

A Ponte, in provincia di Benevento (che poi è il paese di 2000 abitanti dove vivo) due settimane fa un tizio che faceva l’operatore ecologico fino a quando non hanno deciso di non rinnovargli il contratto, ha accoltellato, quasi ucciso, il sindaco.  Il paese (anzi, tutta la provincia), s’è fatto prendere dalla febbre del gossip noir, probabilmente covando la segreta speranza di trasformarsi in una nuova Avetrana o qualcosa del genere e io, prima di accorgermi che di nero c’era molto di più che il colore della cronaca, avevo registrato mentalmente il tutto come un episodio di rabbia sociale. Poi c’è stato questo scambio:

a.«Ma chissà quel povero cristo per arrivare a tanto cosa doveva avere dentro, che problemi doveva avere, a livello economico»
b,c,d,e,f,g (leggi, “a” viene aggredita da una massa urlante, in risposta). «Ma quando mai! Quello lì, quello lì buttava tutti i soldi alle macchinette (leggi: slot machine, videopoker eccetera ndr

Lo scambio di cui sopra, per essere più semanticamente e politicamente comprensibile, per esempio, potrebbe prevedere la parola “droga” al posto di “macchinette” e diventerebbe la più classica delle scene in cui la folla branco insegue coi forconi il tossico criminale, che è senza ombra di dubbio criminale già solo per il fatto di essere tossico.

Alla fine è la stessa cosa di quando, per la folla branco e per i media che diventano nè più nè meno che l’ululato del branco, sei criminale, sei senza ombra di dubbio criminale e colpevole, solo per il fatto di essere rom.  Come a Torino, uno dei quartieri di quella Torino operaia dove una folla (di cui faceva parte pure una tale rappresentante del Partito Democratico – ma Democratico de che, in questo caso?-), una di quelle folle brutte coi forconi e via discorrendo ha dato vita a quello che più tardi è stato definito un vero e proprio pogrom contro le bestie rom, sia i presunti, poi rivelatesi inesistenti, violentatori di una sedicenne, sia tutti gli altri, colpevoli semplicemente di essere rom, in un meccanismo punitivo metonimico (“colpiamo il tutto per la parte”), che è uguale identico a quando qualche nazista durante la seconda guerra mondiale giustificava l’Olocausto con “ma gli ebrei hanno ucciso Gesù”.

Ma passiamo a Firenze. A Firenze non c’è nessuna folla branco, c’è un killer isolato, Gianluca Casseri, membro di casaPound e a quanto pare, “noto intellettuale” negli ambienti neofascisti, che uccide due persone e ne ferisce una terza. Tre persone la cui colpa, secondo Casseri, è quella di essere senegalesi, di avere una differente attività dei melanociti rispetto alla sua. In questo caso la reazione della folla è controversa:  da un lato fioccano manifestazioni di sostegno non alla comunità migrante, ma al killer suicida (roba delirante tipo “Casseri è morto per noi” and similars) dall’altro, anche se il politically correct, il senso comune, impone di schierarsi dalla parte delle vittime, non si è esenti da una forma di razzismo semantico e figurativo subdola e strisciante (ne parla bene Jumpinshark sul suo blog, qui cito come esempio solo i tamburi tribali infilati dal teoricamente di sinistra TG3 alla fine dell’intervento di un migrante senegalese).

Nel frattempo c’è ancora chi tacitamente o meno accetta l’esistenza di casaPound in nome della libertà di espressione (e, sottolineerei, che gli stessi “qualcuno” che si fanno scudo della libertà d’espressione quando difendono a spada tratta casaPound non hanno proferito parola da paladini della l.d.e. quando, dopo il 15 ottobre, la suddetta l.d.e. è stata palesemente violata da perquisizioni della polizia nei centri sociali e nei covi valsusini a caccia di blackbloc. Ma quelli erano teppisti facinorosi e drogati dei centri sociali e pazzi notav, mica bravi ragazzi italiani di casaPovnd, dopotutto.) E c’è ancora, più di prima causa aggravarsi della crisi economica, chi parla di roba come “Gli-immigrati-che-ci-rubano-il-lavoro”. E c’è, dappertutto, ministri e premiertecnico compresi, gente che parla di vecchi (anziani) che devono pagare i debiti che hanno creato (vorrei ancora capire il ruolo che hanno mia madre, casalinga, e mio padre, ferroviere, nella creazione del debito, personalmente), devono fare sacrifici per i giovani, per i figli, per i nipoti, largo ai giovani, giovinezza al potere (vi ricorda qualcosa?), eccetera.

L’impressione generale è che in Italia, insomma, l’aria tiri a destra, molto a destra. Come uscirne? Prima di tutto uscire dalla dialettica del noi/voi, la stessa dialettica (sbagliata) che ho usato io sopra, il noi: movimento; voi: folla e iniziare a starci dentro, iniziare a capire di farne parte, a parlarci, a condividerci, a confrontarcisi. “La poesia è nelle strade” , ma impariamo a leggerla questa cazzo di poesia, prima che ci rubino le strade e le facciano diventare tutte nere.

eveblissett