Monthly Archives: Luglio 2011

Il ricordo: da Hiroshima Mon Amour, alle giornate della Memoria, alla Resistenza, a Genova.

«Come te anch’io ho cercato di lottare con tutte le mie forze contro la smemoratezza. E come te ho dimenticato. Come te ho desiderato avere un’inconsolabile memoria, una memoria fatta d’ombra e di pietra. Ho lottato da sola con violenza, ogni giorno, contro l’orrore di non poter più comprendere il perché di questo ricordo. Come te, ho dimenticato.»

(Hiroshima Mon Amour)


Hiroshima Mon Amour, di Alain Resnais, è uno dei capolavori della nouvelle vague. Hiroshima Mon Amour è un film meraviglioso. A una lettura superficiale sembra che il film parli di una storia d’amore e mezza di cui una si svolge nel presente della narrazione (Che è l’immediato secondo dopoguerra)  in Giappone, ad Hiroshima, appunto, e l’altra mezza che si svolge nel passato della narrazione (Durante l’occupazione tedesca della Francia), a Nevers. In realtà, Hiroshima Mon Amour è un film sulla memoria: la memoria individuale e la memoria collettiva. Anzi, la memoria individuale NELLA memoria collettiva.

Personalmente, con la memoria collettiva ho un rapporto ambiguo dai tempi del liceo, da quei 27 gennaio che si susseguivano identici anno dopo anno nella commemorazione imposta dall’alto di quegli ebrei morti (Si parlava quasi sempre solo di ebrei, nonostante le vittime dell’Olocausto NON fossero solo ebrei) che, probabilmente, mettevano non poco in crisi la mia visione adolescenziale “Tutto-bianco-o-tutto-nero” (“Ebrei buoni o ebrei cattivi? Ebrei vittime dei nazisti o carnefici dei palestinesi?”). Solo qualche anno dopo scoprii le sfumature di grigio ma tutta la questione “Giornate della memoria” mi lasciò un impronta traumatica che ebbe non poche ripercussioni nel mio rapporto personale con le commemorazioni.

Un paio d’anni fa, ho trovato l’equilibrio interiore riguardo alla questione memoria collettiva e memoria personale grazie al venticinque di  aprile. Il punto focale per sciogliere il nodo e riequilibrare l’opinione sulla questione è riuscire a dividere il concetto di memoria non in due subconcetti (Memoria collettiva e memoria individuale) quanto in tre:

Il primo subconcetto, introdotto ex novo, è la memoria istituzionale/mediatica. Per ritornare ad Hiroshima Mon Amour, nel film questo subconcetto è rappresentato benissimo nei vari dialoghi in cui lei asserisce di aver visto l’orrore di Hiroshima attraverso i notiziari in Europa e di essere stata nei vari musei commemorativi e lui continua a ripeterle, quasi come un mantra «Tu non hai visto niente, a Hiroshima».  Ovviamente, è chiarissimo che in questo subconcetto rientrano anche le “Giornate della Memoria”  di cui sopra, quelle cose che si impongono ad adolescenti annoiati e che finiscono per essere puntualmente un trionfo di retorica buonista pura quando va bene e di vittimismo filosionista quando va male.
Come vedremo in seguito, anche questo subconcetto, che dalle premesse sembra un costrutto sociale totalmente negativo, può avere la sua utilità.

Il secondo subconcetto è la memoria individuale. La memoria individuale può essere vissuta in maniera diretta o in maniera indiretta (O in maniera indirettamente diretta).  Rifacendoci sempre ad Hiroshima Mon Amour, la memoria individuale diretta è il ricordo che la protagonista, la Riva, ha della storia vissuta anni prima a Nevers. La memoria individuale indiretta, invece, è quella che lei, nel presente della narrazione del film, “trasferisce”, raccontandola, a lui, a Okada. Il terzo tipo di memoria individuale, quella “indirettamente diretta” è in realtà un sottotipo di entrambi i primi due: risponde alla domanda «Dov’eri, cosa facevi, mentre (…)?».
Ritornando dal film alla realtà, l’esempio di memoria individuale più vicino e vissuto che io possa fare è quello di Genova, dieci anni fa. La memoria individuale diretta, ovviamente, è quella di chi Genova, nei giorni del G8, l’ha vissuta, con tutte le botte, i lacrimogeni e la tensione emotiva. La memoria individuale indirettamente diretta è quella di chi racconta dov’era e cosa faceva nei giorni del G8 pur non essendo stato a Genova e non avendo vissuto direttamente quindi l’esperienza  (Lo stesso concetto ovviamente vale per l’11 settembre 2001 e via discorrendo). La memoria individuale indiretta, invece, è quella di chi vive un evento attraverso il racconto di qualcuno che lo ha vissuto direttamente.

Il punto focale è questo: cosa cambia tra la memoria individuale indiretta e la memoria mediatica? Qual è il legame, se c’è, tra i due subconcetti di memoria? La differenza sta tutta nell’impatto emotivo. Si ha la memoria individuale indiretta, quando, infatti, il narratore è in grado di trasmettere il proprio vissuto emotivo all’ascoltatore e l’ascoltatore è, a sua volta, abbastanza maturo e abbastanza sensibile al tema della narrazione da fare proprio quel vissuto emotivo.
Il legame tra i due concetti di memoria è semplice e spiega l’utilità del mezzo mediatico in caso di uso corretto: si può produrre memoria individuale indiretta anche attraverso il mezzo mediatico (O durante commemorazioni istituzionali o pseudotali), a patto che il vissuto emotivo del narratore (Che può essere anche un narratore indiretto, nel senso che è l’ascoltatore di un altro narratore e così via) riesca ad avere la meglio sui filtri imposti dalle convenzioni sociali e riesca ad essere poco filtrato.
I primi esempi che mi sovvengono a riguardo, nella mia esperienza personale sono il venticinque aprile, uno spettacolo su Genova che ho visto un paio di settimane fa al Depistaggio, il fumetto “Quella notte alla Diaz” di Christian Mirra, un bellissimo pezzo di Giuliano Santoro, sempre su Genova, altri svariati libri e film che al momento sarebbe un’impresa titanica citare, e le recentissime esperienze di #Fanciullacci, #unpartigianoalgiorno, #carlovive e @IoricordoGenova (Tutti su Twitter). @IoricordoGenova e #Fanciullacci hanno avuto avvio quasi contemporaneamente. Il primo, come suggerisce il nome, prende le mosse dai dieci anni dagli eventi del G8: si chiede, a chi voglia partecipare, una narrazione senza filtro e personale sul suo ricordo del periodo del G8 (Ricordo diretto o ricordo indiretto, come quello -bellissimo– di @Adrianaaaa). Il secondo, lanciato dai Wu Ming, è stata un’esperienza di commemorazione collettiva/informazione (Con un pizzico di sperimentazione mediatica), del partigiano Bruno Fanciullacci, figura controversa che moriva ieri nel 1944.  Gli ultimi due nati in ordine cronologico sono #carlovive, ovviamente “dedicato” a Carlo Giuliani e #unpartigianoalgiorno, lanciato da @classe_tumblr@uomoinpolvere, e @iliobarontini che si propone di creare una sorta di “Calendario collettivo della resistenza”.

La chiave che ha consentito a queste esperienze di non essere semplici “commemorazioni a mezzo mediatico” quanto “collettivizzazioni di memorie individuali” è stata la quasi assenza di filtri (Che, ricordo, è una delle discriminanti tra “memoria mediatica pura” e “memoria individuale indiretta”) alle diverse emotività delle esperienze personali che sono confluite, poi,  in quelle collettive. (Si ricordi che la “memoria collettiva” è il terzo subconcetto di memoria di cui parlavo sopra). Una quasi assenza di filtri (Quasi, perchè -ad esempio- #Fanciullacci, come notavano ieri i Wu Ming, nonostante fosse statisticamente tra i “Trending Topic”, non compariva nella lista) che è stata possibile grazie ai social media e alla loro pseudoorizzontalità (O quantomeno, a qualche ultimo barlume, a qualche apparenza di pseudo-orizzontalità), che invece manca del tutto nei media classici fin dalle loro origini.

E’ possibile quindi dare grazie ai social media una nuova forma, che non sia puramente retorica, alla memoria collettiva (E, attraverso la memoria collettiva, alla formazione di una coscienza collettiva)? Io personalmente, nonostante abbia ancora molte riserve sulla questione, sono speranzosa.

CREDITS:

-Alain Resnais, per Hiroshima Mon Amour.
-Il CSA Depistaggio & il  Teatro delle Condizioni Avverse per lo spettacolo su Genova (Quello linkato sopra). Il primo per averlo portato a Benevento e il secondo per averlo creato, recitato eccetera eccetera.
Christian Mirra, per “Quella Notte alla Diaz” (Linkato sopra, ndr)
-Le promotrici di “IoRicordoGenova“, che credo si chiamino Claudia ed Aurora.
-@Adrianaaaaaaa (Che è linkata sopra dal Twitter) per il suo racconto (Sempre linkato sopra)
-I Wu Ming, as usual. Il link di Giap è nei link affianco della Home.
-Bruno Fanciullacci, per esserci stato. E tutti gli altri partigiani che sarebbe impossibile citare qui in blocco, con una speciale menzione alle signore da parte del lato femminista di chi scrive.
-@amicoFaralla (Alias Giuliano Santoro, linkato sopra), per il pezzo su Genova sempre linkato sopra.
-@classe_tumblr, @Iliobarontini e @uomoinpolvere (Linkati sopra) per aver promosso l’iniziativa #unpartigianoalgiorno
@zero81 e @giovanni_pagano che stanno promuovendo #carlovive
-Carlo.
-Tutti quelli che ricordano veramente.
-Tutti quelli che si leggeranno sto pippone.

 ADD ON del 27/01/2012: Sulle “Giornate della Memoria” – Ricordo due cose: a) la memoria è molto di più di una giornata del cazzo in cui si fanno i pipponi sugli ebrei (perchè si parla quasi sempre solo di ebrei) a ragazzini annoiati. b) siccome nei lager non sono morti solo ebrei ma anche rom, omosessuali, compagni e compagne, è assolutamente sciocco, e riduttivo per la causa Palestinese (che io ho sempre nel cuore), trasformare la giornata di oggi in una giornata di rivendicazione filopalestinese, solo per fare gli alternativi.


Crisi di nervi. Ovvero del panico sui mercati finanziari

Contraerea cinese

I cinesi ci hanno parato il culo.

Almeno così pare.

Sembra che tra gli operatori di borsa molti siano convinti che sia stata proprio la Banca centrale cinese, assieme alla Bce, a comprare titoli di stato italiani nell’asta del 12 giugno.

Dopo quell’asta la borsa di Milano, che fino a quel momento viaggiava attorno ai suoi minimi storici, ha virato in positivo, continuando a crescere anche per tutto il giorno successivo.

Parrebbe che il primo assalto dei droni, come li ha definiti Luca su Giap, non abbia fatto poi grossi danni.
La contraerea messa in campo, di fabbricazione cinoeuropea, ha saputo respingere l’assalto.

Le truppe speculative si sono così spostate sul fronte irlandese.
A spianare il terreno ci ha pensato Moody’s, tagliando nuovamente il giudizio sul debito pubblico del paese, dal 13 luglio classificato Ba1: spazzatura.

Altre scaramucce si segnalano sul fronte greco.

Un missile targato Fitch ha colpito Atene. Il giudizio sul paese, sotto il peso del fuoco nemico, è scivolato ancora più in basso, distante solo tre lunghezze dalla famigerata sigla DDD: default.

Ma mentre sugli altri fronti l’attacco continua, in Italia pare sia giunta una proposta per il cessate il fuoco.

Alexander Kockerbeck, l’ambasciatore di Moody’s, intervistato dal Messaggero, ha recapitato il seguente messaggio :

L’Italia ha buoni fondamentali e i passi che deve compiere, in termini di risanamento dei conti, sono più piccoli di quelli di altri paesi. […] L’avanzo primario esiste già e questa è una grade differenza rispetto alla Grecia, all’Irlanda e al Portogallo.

Pare che Kockerbeck abbia apprezzato particolarmente la manovra bipartisan che il governo di semi unità nazionale si appresta a varare:

Le misure dimostrano che il governo ha molte opzioni davanti a sé per intervenire sia sul lato della spesa che su quello delle entrate.

Così, dopo due giorni e mezzo di bombardamenti, interrotti solo nel fine settimana, in Italia sembra essere tornata la calma.
I droni sembra abbiano fatto rotta verso altri lidi.

Almeno per il momento.

Shock economy?

Se a guidare l’azione degli eserciti avversari fosse il verbo della “shock economy” (che Adrianaaaa ricorda su la pentola d’oro) in Italia potremmo dormire sonni tranquilli.

La manovra bipartisan promette lacrime e sangue: diritti sociali e beni comuni presto non saranno che un ricordo.

Il biopotere del capitalismo finanziario non è messo in discussione.

Ma anche in Grecia e in altri posti sono state varate manovre del genere. Eppure i bombardamenti continuano.
A tappeto.
Incuranti di colpire ospedali, luoghi di lavoro, monumenti e spiagge.

Forse non è questo il territorio che vogliono conquistare gli eserciti avversari.

Oppio ai mercati

In questi giorni alcuni conti non tornavano, uno in particolare.

Sicuramente chi ha osservato i mercati finanziari se ne sarà reso conto.

Illustrando al Congresso lo stato delle negoziazioni sul piano di riduzione del deficit e del debito, Obama si era lasciato sfuggire che un default degli Stati uniti sarebbe stato inaccettabile.

Era l’undici luglio.

Proprio quel giorno i mercati sembravano dire qualcosa di diverso, qualcosa che non giustificava affatto i timori di Obama.

Il rendimento dei titoli statunitensi scendeva.

Si racconta che gli operatori statunitensi, spaventati dalla crisi del debito europea, si stessero rifugiando su titoli considerati “sicuri”, quelli Usa.

Il valore dell’euro intanto calava rispetto al dollaro.

Obama si stava facendo delle paranoie a cazzo, o sui mercati stava avvenendo qualcosa di strano?

A vedere quello che succede in Minnesota, Obama non sembra proprio un fottuto paranoico.

Uffici pubblici chiusi, oltre 24mila dipendenti licenziati, parchi abbandonati, infrastrutture lasciate a metà…

Lo stato è fallito. Un default che ha preceduto quello, probabile, della Grecia.

No, decisamente Obama non è paranoico.

Erano gli operatori di mercato, quelli statunitensi in particolare, a truccare, per l’ennesima volta, le carte.

Quello che nella realtà è un debito pubblico insostenibile, sui mercati finanziari viene sopravvalutato.
Gli Stati uniti diventavano un paese dove il rischio di insolvenza è quasi pari a zero.

Come Lehman Brothers prima del crollo…

Il gioco però può diventare rischioso.

Magari qualcuno, conoscendo la reale situazione, può trovare conveniente vendere in quel momento. Ne ricaverebbe parecchio.

A quel punto sarebbero gli Stati uniti a trovarsi nella stessa situazione in cui si è trovata l’Italia. E prima ancora la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo e la Spagna.
In più avrebbero un debito pubblico realmente insostenibile. Un fattore che agevolerebbe fortemente i bombardamenti a tappeto.

Alleanze in bilico?

In questo caso i droni sarebbero di fabbricazione cinoeuropea. Come la contraerea che, almeno momentaneamente, ha difeso l’Italia.

I cinesi detengono oltre il 50% del debito americano.
Per usare un francesismo agli Stati uniti li tengono per le palle.

Probabilmente il concetto non è stato riportato testualmente al preoccupato Obama, ma gli è stato spiegato in vari modi… Come acquistare titoli di stato per fermare l’attacco all’Italia e all’euro.

Sui mercati finanziari è in atto uno scontro all’ultimo sangue.
Potrebbe mettere in discussione alleanze storiche, come quella tra Europa e Stati uniti.

Gli Stati uniti, per reagire alla crisi del 2007, hanno tenuto bassi i tassi d’interesse e svalutato la moneta.
L’obiettivo era rilanciare gli investimenti e le esportazioni.

Sulla loro strada hanno però trovato la Cina, che applicava una politica molto simile e non era stata contagiata dalla crisi.
A poco sono valsi i tentavi di costringerla a rivalutare la propria moneta, lo yuan.

Con le palle degli americani in mano, i cinesi hanno cominciato a farlo solo quando lo hanno reputato conveniente e utile per contenere l’inflazione.

Sull’altro fronte, quello europeo, il problema era l’euro, che con il dollaro svalutato, rischiava di prenderne il posto come moneta usata per gli scambi internazionali.

Una consuetudine che ha già preso piede in alcuni scambi.

Il controllo degli Stati uniti sulle altre economie, basato sulla supremazia del dollaro, rischiava di crollare. E di portarsi appresso la già fragile economia americana.

La reazione è stata quella di attaccare i paesi europei più deboli sotto l’aspetto del debito pubblico. Una reazione che, come agli Stati uniti capita spesso, rischia di ritorcersi contro di loro.

In morte dell’impero

Tutto ha origine con la shock economy. Ma la crisi attuale non è nata per imporre il modello neoliberista, ma dal fallimento di quel modello.

Il Corriere della sera, parlando del default del Minnesota, scrive:

La gestione dei repubblicani, che guidano lo Stato da un ventennio, fatta di tagli alle tasse per i ricchi e tagli al welfare, è stata troppo dispendiosa, e quindi ha impoverito le finanze statali

Del resto il fallimento ideologico era stato decretato ben prima. E dal braccio armanto del neoliberismo, Alan Greenspan.

Nel 2008, ascoltato dalla commissione d’inchiesta della Camera, l’ex presidente della Fed ammise candidamente di aver scoperto quanto fossero fallaci le teorie alle quali si ispirava.

Eppure nell’Europa sotto attacco si rincorre ancora quel modello.
Le politiche imposte sperando di arginare la crisi si ispirano ancora al neoliberismo.

L’Europa non ha conosciuto il fallimento dell’ideologia neoliberista, non nella misura in cui questa amara scoperta è stata fatta negli Stati uniti.

Il sogno dell’Europa unita è ancora profondamente ancorato al neoliberismo, alla costruzione di uno stato in tutto e per tutto simile agli Stati uniti. Di una moneta che prenda in tutto e per tutto il posto del dollaro.

Inoltre, quando la crisi colpisce, qualunque sia la ragione che l’ha generata, chi detiene realmente il potere fa di tutto per scaricarne i costi sugli altri.

In questo caso però, la crisi non è nata da forze imperiali che cercano di imporre il proprio dominio, ma dalla dissoluzione di un impero morto prima ancora di nascere del tutto.

Ci toccherà resistere. Dovremo difendere diritti e beni comuni dall’assalto degli zombie neoliberisti.