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Crisi di nervi. Ovvero del panico sui mercati finanziari

Contraerea cinese

I cinesi ci hanno parato il culo.

Almeno così pare.

Sembra che tra gli operatori di borsa molti siano convinti che sia stata proprio la Banca centrale cinese, assieme alla Bce, a comprare titoli di stato italiani nell’asta del 12 giugno.

Dopo quell’asta la borsa di Milano, che fino a quel momento viaggiava attorno ai suoi minimi storici, ha virato in positivo, continuando a crescere anche per tutto il giorno successivo.

Parrebbe che il primo assalto dei droni, come li ha definiti Luca su Giap, non abbia fatto poi grossi danni.
La contraerea messa in campo, di fabbricazione cinoeuropea, ha saputo respingere l’assalto.

Le truppe speculative si sono così spostate sul fronte irlandese.
A spianare il terreno ci ha pensato Moody’s, tagliando nuovamente il giudizio sul debito pubblico del paese, dal 13 luglio classificato Ba1: spazzatura.

Altre scaramucce si segnalano sul fronte greco.

Un missile targato Fitch ha colpito Atene. Il giudizio sul paese, sotto il peso del fuoco nemico, è scivolato ancora più in basso, distante solo tre lunghezze dalla famigerata sigla DDD: default.

Ma mentre sugli altri fronti l’attacco continua, in Italia pare sia giunta una proposta per il cessate il fuoco.

Alexander Kockerbeck, l’ambasciatore di Moody’s, intervistato dal Messaggero, ha recapitato il seguente messaggio :

L’Italia ha buoni fondamentali e i passi che deve compiere, in termini di risanamento dei conti, sono più piccoli di quelli di altri paesi. […] L’avanzo primario esiste già e questa è una grade differenza rispetto alla Grecia, all’Irlanda e al Portogallo.

Pare che Kockerbeck abbia apprezzato particolarmente la manovra bipartisan che il governo di semi unità nazionale si appresta a varare:

Le misure dimostrano che il governo ha molte opzioni davanti a sé per intervenire sia sul lato della spesa che su quello delle entrate.

Così, dopo due giorni e mezzo di bombardamenti, interrotti solo nel fine settimana, in Italia sembra essere tornata la calma.
I droni sembra abbiano fatto rotta verso altri lidi.

Almeno per il momento.

Shock economy?

Se a guidare l’azione degli eserciti avversari fosse il verbo della “shock economy” (che Adrianaaaa ricorda su la pentola d’oro) in Italia potremmo dormire sonni tranquilli.

La manovra bipartisan promette lacrime e sangue: diritti sociali e beni comuni presto non saranno che un ricordo.

Il biopotere del capitalismo finanziario non è messo in discussione.

Ma anche in Grecia e in altri posti sono state varate manovre del genere. Eppure i bombardamenti continuano.
A tappeto.
Incuranti di colpire ospedali, luoghi di lavoro, monumenti e spiagge.

Forse non è questo il territorio che vogliono conquistare gli eserciti avversari.

Oppio ai mercati

In questi giorni alcuni conti non tornavano, uno in particolare.

Sicuramente chi ha osservato i mercati finanziari se ne sarà reso conto.

Illustrando al Congresso lo stato delle negoziazioni sul piano di riduzione del deficit e del debito, Obama si era lasciato sfuggire che un default degli Stati uniti sarebbe stato inaccettabile.

Era l’undici luglio.

Proprio quel giorno i mercati sembravano dire qualcosa di diverso, qualcosa che non giustificava affatto i timori di Obama.

Il rendimento dei titoli statunitensi scendeva.

Si racconta che gli operatori statunitensi, spaventati dalla crisi del debito europea, si stessero rifugiando su titoli considerati “sicuri”, quelli Usa.

Il valore dell’euro intanto calava rispetto al dollaro.

Obama si stava facendo delle paranoie a cazzo, o sui mercati stava avvenendo qualcosa di strano?

A vedere quello che succede in Minnesota, Obama non sembra proprio un fottuto paranoico.

Uffici pubblici chiusi, oltre 24mila dipendenti licenziati, parchi abbandonati, infrastrutture lasciate a metà…

Lo stato è fallito. Un default che ha preceduto quello, probabile, della Grecia.

No, decisamente Obama non è paranoico.

Erano gli operatori di mercato, quelli statunitensi in particolare, a truccare, per l’ennesima volta, le carte.

Quello che nella realtà è un debito pubblico insostenibile, sui mercati finanziari viene sopravvalutato.
Gli Stati uniti diventavano un paese dove il rischio di insolvenza è quasi pari a zero.

Come Lehman Brothers prima del crollo…

Il gioco però può diventare rischioso.

Magari qualcuno, conoscendo la reale situazione, può trovare conveniente vendere in quel momento. Ne ricaverebbe parecchio.

A quel punto sarebbero gli Stati uniti a trovarsi nella stessa situazione in cui si è trovata l’Italia. E prima ancora la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo e la Spagna.
In più avrebbero un debito pubblico realmente insostenibile. Un fattore che agevolerebbe fortemente i bombardamenti a tappeto.

Alleanze in bilico?

In questo caso i droni sarebbero di fabbricazione cinoeuropea. Come la contraerea che, almeno momentaneamente, ha difeso l’Italia.

I cinesi detengono oltre il 50% del debito americano.
Per usare un francesismo agli Stati uniti li tengono per le palle.

Probabilmente il concetto non è stato riportato testualmente al preoccupato Obama, ma gli è stato spiegato in vari modi… Come acquistare titoli di stato per fermare l’attacco all’Italia e all’euro.

Sui mercati finanziari è in atto uno scontro all’ultimo sangue.
Potrebbe mettere in discussione alleanze storiche, come quella tra Europa e Stati uniti.

Gli Stati uniti, per reagire alla crisi del 2007, hanno tenuto bassi i tassi d’interesse e svalutato la moneta.
L’obiettivo era rilanciare gli investimenti e le esportazioni.

Sulla loro strada hanno però trovato la Cina, che applicava una politica molto simile e non era stata contagiata dalla crisi.
A poco sono valsi i tentavi di costringerla a rivalutare la propria moneta, lo yuan.

Con le palle degli americani in mano, i cinesi hanno cominciato a farlo solo quando lo hanno reputato conveniente e utile per contenere l’inflazione.

Sull’altro fronte, quello europeo, il problema era l’euro, che con il dollaro svalutato, rischiava di prenderne il posto come moneta usata per gli scambi internazionali.

Una consuetudine che ha già preso piede in alcuni scambi.

Il controllo degli Stati uniti sulle altre economie, basato sulla supremazia del dollaro, rischiava di crollare. E di portarsi appresso la già fragile economia americana.

La reazione è stata quella di attaccare i paesi europei più deboli sotto l’aspetto del debito pubblico. Una reazione che, come agli Stati uniti capita spesso, rischia di ritorcersi contro di loro.

In morte dell’impero

Tutto ha origine con la shock economy. Ma la crisi attuale non è nata per imporre il modello neoliberista, ma dal fallimento di quel modello.

Il Corriere della sera, parlando del default del Minnesota, scrive:

La gestione dei repubblicani, che guidano lo Stato da un ventennio, fatta di tagli alle tasse per i ricchi e tagli al welfare, è stata troppo dispendiosa, e quindi ha impoverito le finanze statali

Del resto il fallimento ideologico era stato decretato ben prima. E dal braccio armanto del neoliberismo, Alan Greenspan.

Nel 2008, ascoltato dalla commissione d’inchiesta della Camera, l’ex presidente della Fed ammise candidamente di aver scoperto quanto fossero fallaci le teorie alle quali si ispirava.

Eppure nell’Europa sotto attacco si rincorre ancora quel modello.
Le politiche imposte sperando di arginare la crisi si ispirano ancora al neoliberismo.

L’Europa non ha conosciuto il fallimento dell’ideologia neoliberista, non nella misura in cui questa amara scoperta è stata fatta negli Stati uniti.

Il sogno dell’Europa unita è ancora profondamente ancorato al neoliberismo, alla costruzione di uno stato in tutto e per tutto simile agli Stati uniti. Di una moneta che prenda in tutto e per tutto il posto del dollaro.

Inoltre, quando la crisi colpisce, qualunque sia la ragione che l’ha generata, chi detiene realmente il potere fa di tutto per scaricarne i costi sugli altri.

In questo caso però, la crisi non è nata da forze imperiali che cercano di imporre il proprio dominio, ma dalla dissoluzione di un impero morto prima ancora di nascere del tutto.

Ci toccherà resistere. Dovremo difendere diritti e beni comuni dall’assalto degli zombie neoliberisti.


#italianrevolution : come e quando?

Sono stata una di quelli che ha invidiato gli spagnoli, che ha seguito da lontano con ansia e trepidazione gli sviluppi del movimento 15-m, la collettivizzazione di un malessere diffuso, un malessere generazionale che si è trasformato in quella che Carta ha chiamato, suggestivamente, “la Comune di Madrid”. Il movimento, che è arrivato, oggi, a spingere i manifestanti a dare -pacificamente- l’assalto alla Camera, con l’idea di farci un’assemblea dentro, come le rivolte maghrebine, pur non essendo propriamente NATO dal Web (E nello specifico dai social network), ha trovato nel Web un’ottimo alleato per raggiungere la collettivizzazione di cui sopra.


Quindi, quando nel Web, su Twitter nello specifico, si è iniziato a parlare di “Italian Revolution”, non nascondo di averci creduto e sperato, salvo poi verificare che, eccetto alcuni casi (Bologna- dove, come riporta fedelmente, giorno per giorno, @Adrianaaaaaa su Twitter, l’equivalente italiano delle “acampadas” sta andando avanti dal 20 maggio), si è trattato di puro, sterile, clicktivismo, di una sorta di eiaculazione, per di più precoce, di fronte a un video di youporn. Masturbazione mentale su fantasie simulatorie.

Proviamo ad analizzare i motivi:

A) Derive giustizialiste/popolovioliste. Qualcuno ha commentato le acampadas con “In Spagna li chiamano indignados, a noi ci chiamano giustizialisti”. Qualcun altro ha detto “Facciamo come in Spagna e tra i primi punti del manifesto mettiamo -mandare via Berlusconi”. Non so se non c’hanno veramente capito un cazzo delle acampadas o è si è trattato di tentativi (stupidi) ma coscienti di mettere il cappello su un’eventuale seguito della cosa. Pubblicità, semplicemente.

In ogni caso, a distanza di quindici giorni, sono spariti pure gli entusiasmi e/o gli intenti pubblicitari, tant’è che, come faceva notare stamattina @DocSweepsy sul suo blog, sulla pagina del Popolo Viola fioccano le battutine su Renzo Bossi trota senza acqua dopo il referendum ma se si chiedono commenti, riflessioni e simili sulla Spagna, si viene semplicemente ignorati.

In ogni caso, il disinteresse dei Viola per le acampadas è più un bene che altro: una eventuale “italian revolution” viola/pseudogiustizialista o simili, sarebbe stata, oltre che fallimentare, inutile. Berlusconi è al tramonto (Se non politico, di certo anagrafico). Il nodo che una eventuale rivoluzione dovrebbe affrontare è il cambiamento della struttura sociale, la comunitarizzazione dei beni, la “democrazia reale” -per citare uno degli slogan spagnoli. Praticamente, le uniche fondamenta possibili per qualunque “dopo”. E considerando la (breve) storia politica dei viola, ma anche -peggio- dei Grillini, non sarebbero stati in grado di affrontarli.

B) Questioni temporali/paragoni col 14 dicembre e via discorrendo.

Se ne è parlato in lungo e in largo su Giap. Perchè il “nostro” 14 dicembre per quanto sia stato intenso e scenografico è rimasto ricordo puro, con risultati reali pochissimi o nulli mentre le acampadas spagnole (Così come le rivolte maghrebine) sembrano essere seriamente incisive sul lo status sociale spagnolo? Provo, con l’aiuto delle suddette discussioni su Giap, a darmi una risposta. Per citare Wu Ming 1 che cita Badiou, direi che il discriminante è quello tra evento ed Evento. Il 14 dicembre è stato un evento. Con la e minuscola. Il mese precedente (Le occupazioni, il “blocchiamo tutto”) sono state solo la preparazione all’evento, i preliminari di un coito intenso ma breve. In Spagna, invece, possiamo parlare di Evento. Spingendomi sul filosofico, o quantomeno provandoci, direi che in Spagna sono riusciti nell’impresa di collettivizzare anche il tempo, di contro al nostro modello, che invece è stato di tipo temporalmente “gerarchizzante” (I giorni pre-evento erano subordinati, in importanza, al giorno dell’evento).

C)Questione storico/sociale.

Premetto. Questa ultima considerazione è azzardatissima, tratta da una considerazione del mio libro di psichiatria riguardo al suicidio. In pratica, si spiega che nelle società islamiche il tasso di suicidi è molto più basso rispetto all’occidente perchè sono favoriti discorsi di collettività e di comunità rispetto al “culto del singolo e dell’individuo” occidentale. Quindi, tralasciando il discorso suicidio, si può dire che nella cultura islamica esiste già di fondo un discorso di “collettività”, di “collettivizzazione” che -di contro- in Occidente, seppure sia in qualche forma esistito (Le polis greche), è morto e sepolto da tempo. E’ un caso, quindi, che le rivolte siano iniziate da paesi a base culturale islamica e si siano propagate nell’unico paese europeo, la Spagna, dominato a lungo dagli arabi e quindi culturalmente vicinissimo alle impostazioni islamiche? Secondo me, no.

 

 

A questo punto, che fare? Arrendersi all’evidenza dell’impossibilità di un cambiamento, di una “italian revolution”? Assolutamente no. In Italia, le lotte esistono e il paradigma che “La gente tanto non se ne frega”, lo pseudo-debordianesimo del “In Italia sono tutti cazzoni contenti di continuare a vivere col Grande Fratello, X-Factor e l’Isola dei Famosi”, è una cazzata bella e buona. Le lotte esistono. La lotta no-Tav, la lotta antirazzista contro i C.I.E., le lotte studentesche per il sapere libero e per una scuola migliore, le lotte dei pastori sardi, le lotte dei lavoratori, e, last but not least, le lotte per i Commons, per i beni comuni, mai sopite anche se solo recentemente ritornate all’attenzione dei webmedia causa referendum. Il passo da fare è la collettivizzazione delle lotte, il fare propria l’idea che, per citare ancora i Wu Ming in una vecchissima discussione su Giap “Tutte le lotte sono la stessa lotta”. Come fare? Non ho risposte. L’unica che mi do è “Proviamo ad iniziare a fare un discorso più collettivo. Poi stiamo a vedere. Senza aspettare la fantomatica -gente- che inizi per noi”.

BIBLIOGRAFIA:

Carta.org> http://www.carta.org/2011/05/la-comune-di-madrid/

DocSweepsy> http://sweepsy.wordpress.com/2011/06/08/orfani-della-rivolta/

Giap> http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=3637&cpage=1#comment-5460 (Sul concetto di Evento)

http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=4024&cpage=3#comment-5906 (Sul 14 dicembre)

http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=4353#commentlist (Sulla questione “temporale” in genere)